La Cassazione conferma: in r.c. auto è improponibile la domanda del danneggiato che non adempia agli “obblighi di collaborazione” impostigli dall’art. 148 C.d.a.

La Cassazione conferma: in r.c. auto è improponibile la domanda del danneggiato che non adempia agli “obblighi di collaborazione” impostigli dall’art. 148 C.d.a.
17 Aprile 2018: La Cassazione conferma: in r.c. auto è improponibile la domanda del danneggiato che non adempia agli “obblighi di collaborazione” impostigli dall’art. 148 C.d.a. 17 Aprile 2018

La sentenza n. 1829/2018 della Suprema Corte ha affrontato ex professo il tema della rilevanza degli adempimenti imposti al danneggiato dall’art. 148 del Codice delle assicurazioni private ai fini della proponibilità della domanda giudiziale di risarcimento del danno.

Nel caso specifico il Giudice di pace di Trieste aveva respinto la domanda di risarcimento di un ciclista che era stato investito da un autoveicolo, ritenendola infondata nel merito. Proposta impugnazione, il ciclista si vedeva respingere l’appello dal Tribunale giuliano, che accoglieva l’eccezione di improponibilità reiterata dagli appellati in secondo grado, in relazione al fatto che il danneggiato, benché richiestone dall’assicuratore dell’autoveicolo, non aveva “messo la propria bicicletta a disposizione… per un'ispezione”.

Il ciclista aveva impugnato la sentenza d’appello, lamentando fra l’altro, la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 145 e 148 del C.d.a., ed offrendo così alla Cassazione l’occasione per un riesame della materia alla luce delle disposizioni in tema di “indennizzo diretto” introdotte dal Codice.

Secondo i Giudici di Piazza Cavour “anche nell'attuale assetto normativo il riferimento contenuto nell'art. 145 Codice delle assicurazioni private non consent[e] una lettura unitaria delle due norme, tale per cui l'improponibilità della domanda giudiziale de[ve] essere integrata dalle disposizioni dell'art. 148 Codice delle assicurazioni private”, con la conseguenza che “è all'art. 145… e non già all'art. 148 del Codice delle assicurazioni private che occorre riferirsi per dirimere la presente controversia”.

Tuttavia, dell’art. 145 “possono darsi due diverse letture”, la prima delle quali condurrebbe ad intenderlo “come una regola processuale di natura prettamente "formale"”, per cui al danneggiato sarebbe “prescritto, quale requisito per poter avviare il giudizio, soltanto il dovere di inviare una richiesta risarcitoria completa di tutti gli elementi necessari alla valutazione dell'istanza da parte dell'assicurazione e la condizione di proponibilità della domanda si verifica una volta decorso il termine”.

Questa interpretazione però, per la Corte, deve ritenersi “riduttiva perché non coglie la ratio legis della disposizione: l'art. 145 Codice delle assicurazioni private ha un chiaro intento deflattivo… nella materia dei sinistri stradali”, per cui è chiaro che il conseguimento di questa finalità non può ritenersi “affidato soltanto alla prevista dilazione temporale (invero modesta) di sessanta/novanta giorni, ma - soprattutto - al procedimento ex art. 148 Codice delle assicurazioni private che, nel prescrivere una partecipazione attiva dell'assicuratore alla trattativa ante causam, mira a propiziare una conciliazione precontenziosa”.

Infatti, “affinché la procedura di risarcimento descritta nella norma ora citata possa operare è indispensabile, però, che la compagnia assicuratrice sia posta in condizione di adempiere al dovere impostole e, cioè, di formulare un'«offerta congrua»”.

Si deve perciò concludere che “la proponibilità della domanda risarcitoria è legata ad un presupposto formale - la trasmissione di una richiesta contenente elementi (indicati nell'art. 148 Codice delle assicurazioni private) sufficienti a permettere all'assicuratore di «accertare le responsabilità, stimare il danno e formulare l'offerta»… - ma anche ad un requisito sostanziale: poiché «la collaborazione tra danneggiato e assicuratore della r.c.a., nella fase stragiudiziale, impone correttezza (art. 1175 c.c.) e buona fede (art. 1375 c.c.)» …, il danneggiato è tenuto a collaborare con l'assicuratore per consentirgli di effettuare l'accertamento e la valutazione del danno, attività finalizzate a una proposta conciliativa che sia concretamente riferibile agli elementi comunicati dal richiedente e potenzialmente idonea ad evitare il giudizio”.

Il principio di diritto con il quale si conclude l’argomentare della Corte è il seguente:

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, a norma dell'art. 145 d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 l'azione per il risarcimento non può essere proposta dal danneggiato che, in violazione dei principi di correttezza (art. 1175 cod. civ.) e buona fede (art. 1375 cod. civ.), con la propria condotta abbia impedito all'assicuratore di compiere le attività volte alla formulazione di una congrua offerta ai sensi dell'art. 148 del Codice delle assicurazioni private”.

In altre parole, la proponibilità della domanda di risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione stradale è condizionata non già solo dall’invio della richiesta di risarcimento e dal rispetto dello spatium deliberandi concesso dalla legge all’assicuratore, come previsto dall’art. 145 C.d.a., ma anche dell’adempimento degli obblighi di “collaborazione” imposti all’assicurato dall’art. 148 C.d.a., in quanto funzionali a consentire all’assicuratore di formulare una “congrua offerta”, idonea ad evitare la lite giudiziaria e, dunque, a soddisfare la finalità deflattiva perseguita dal legislatore.

Il ricorso del ciclista è stato, quindi, rigettato.

 

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